IL RUOLO DEL FARAONE NELL'ANTICO EGITTO
Per
l'Egitto, all'origine di tutto c'è il Mito, cioè la storia vera,
secondo il ricercatore Mircea Eliade.
Ogni
faraone situa il suo primo anno di regno nel tempo primordiale, ogni
nuovo regno inizia con l'anno 1 di una nuova era.
Non
conta tanto la data, ma l'inserimento del faraone in un ordine
cosmico.
Ciò
che importa, peri faraoni, è celebrare la storia del loro popolo
come una festa, una comunione con la natura e con gli dei.
Tacciare
l'Egitto di “conservatorismo politico”, perchè non è
continuamente agitato da fermenti e sussulti sociali, significa
misconoscere il valore della tradizione sacra come forza di
rinnovamento perenne.
Dalle
iscrizioni risulta evidente che i faraoni avevano coscienza di vivere
nel “tempo degli dei”, nel “tempo degli antenati” e di
restaurare “la prima volta”: tutte le espressioni che indicano
l'origine della vita, il paradiso perduto continuamente ritrovato.
Le
liste reali iniziano con il Regno degli dei; poi vengono quelle dei
semidei, degli esseri di luce e, infine, dei servitori di Horo,
predecessori del primo re umano, Menes.
Per
gli antichi egizi tutto ciò non è pura leggenda, bensì il modo
migliore di affermare che la regalità ha origine nel divino e che il
modello al quale ogni faraone si riferisce è di ordine sovrumano.
La
società faraonica, raggruppata e organizzata attorno al suo re-dio,
trarrà tutte le conseguenze possibili da tale principio.
La
storia dell'antico Egitto, così come viene scritta oggi, presenta
notevoli zone d'ombra. Su trenta dinastie noi ne conosciamo solo un
terzo, e parzialmente, la cui storia possa essere presentata con un
minimo di precisione. I periodi così detti “intermedi” sono i
periodi più oscuri.
Il
concetto di dinastia, apparentemente rassicurante, non deve infatti
trarre in inganno. In realtà non sappiamo perchè si passi da una
dinastia all'altra, né conosciamo i criteri che regolano la durata
della dinastia: la XVIII dinastia è lunghissima, mentre la XXVIII
comprende un solo re e la VII probabilmente non esiste neppure.
A
queste difficoltà se ne aggiunge un'altra, dovuta alla mentalità
egizia stessa.
Preoccupati
dall'eternità, i faraoni ci hanno lasciato in eredità solo ciò che
consideravano essenziale: i templi e le tombe.
Le
città, i villaggi, le case private non venivano costruite in “pietra
eterna” ma con materiali deteriorabili. Di essi non si è
conservato quasi nulla, il che ci priva di preziosi reperti
archeologici da cui ricavare notizie sulla realtà quotidiana
dell'antico Egitto. Fortunatamente sulle pareti delle tombe si
trovano numerose “scene di vita privata” anche se spesso il
significato simbolico trascende il loro aspetto
materiale.............
L'aspetto
fondamentale della civiltà egizia è l'istituzione faraonica. Se non
si tiene conto di questo è difficile capire o interpretare la storia
egizia.
L'istituzione
faraonica faceva vivere a la società, modellava la mente, l'anima,
la sensibilità degli antichi egizi.
Qualsiasi
paragone con una società che si basi su criteri totalmente diversi
non può portare a nulla.
Ora,
l'antico Egitto, nella sua infinita saggezza, non ha mai avuto un
unico libro sacro, un libro rivelato che desse una risposta a tutto.
A ogni grande città corrispondeva una teologia specifica.
L'unica
cosa valida per tutti è che il sovrano è al centro del pensiero
egizio, al centro della storia, al centro della società.
Il
faraone è un discendente degli dei che regnano in cielo e in terra.
In quanto dio egli stesso riceve l'eredità dei suoi gloriosi
antenati sul quale deve vegliare come fosse il più prezioso dei
tesori:la terra d'Egitto.
Il
faraone viene designato dal dio RA, mentre è ancora nell'”uovo”,
secondo l'espressione egizia.
Questa
alchimia solare mira a creare un essere di luce che, stando ai miti
teogonici (i quali trattano del concepimento e della nascita della
divinità) sarà il frutto dell'unione di un dio e di una donna
mortale.
Ne
consegue che non si deve mai considerare l'azione del faraone da un
punto di vista puramente profano.
Nell'antico
Egitto, non esiste separazione fra il tempio e il palazzo e non si
può parlare della religione come distinta dallo Stato. La religione
egizia, infatti, non è una dottrina paragonabile al cattolicesimo o
all'Islam.
Non
ha credo né dogmi, ma si basa su miti, simboli e riti.
I
sacerdoti non devono né istruire il popolo né essere missionari.
Essi si considerano specialisti del sacro, saggi che conservano la
vita manipolando l'energia divina nei laboratori del tempo. Il
maestro di tutto loro, il più qualificato, è il faraone.
La
religione non è dunque imperniata sulla preghiera solitaria che, in
Egitto, rappresenta solo un fenomeno secondario.
L'attività
religiosa è un dovere fondamentale dello Stato, la sua ragione
d'essere, essa determina le strutture politiche, sociali ed
economiche.
FARAONE E SACERDOTE |
I
legami del faraone con il cosmo sono essenziali: per gli uomini egli
rappresenta il sole, i cui raggi penetrano dappertutto. Scaccia le
tenebre dall'Egitto e sente tutto ciò che viene detto, perchè ha
milioni di orecchie; vede tutto, perchè la sua vista è più
penetrante dell'astro del giorno.
Depositario
della forza vitale, il faraone è l'unico interprete della volontà
divina. Tale potenza non gli conferisce un potere dispotico, ma lo
rende responsabile della vita materiale e spirituale del suo regno.
Organizzando i riti, egli permette alle stagioni di alternarsi
secondo le leggi del cosmo, all'inondazione di venire a fecondare
l'Egitto, al sole sorgere.
Molti
faraoni furono, del resto, veri e propri sapienti nel campo della
religione e della simbologia. Sappiamo che frequentavano le
biblioteche sacre alla ricerca degli annali degli antenati per
conformarsi ai principi della saggezza destinati a guidare la loro
condotta.
Poichè
l'azione religiosa era considerata un mezzo di intervento sul mondo,
era indispensabile che il faraone fosse un uomo di Conoscenza. In
quanto capo del governo, il re continua a esercitare un ruolo di tipo
sacerdotale, perché i suoi alti funzionari devono “far salire
Maat”, l'armonia cosmica, a lui.
In
altre parole, devono rispettare la verità nei loro resoconti
affinché il re mantenga la giustizia. Guardiano delle leggi non
scritte, il faraone è il sole, mentre il suo primo ministro, il
visir, è paragonato alla luna: di conseguenza nella concezione della
gerarchia amministrativa predomina l'accento religioso e cosmico.
I
doveri religiosi del faraone si traducono nel rinnovo e nella
realizzazione dei templi. Gli dei, per esercitare la loro influenza
sulla terra, hanno bisogno di una dimora. Sta al re edificarla,
perché vi si celebrino i culti e i riti. In realtà il faraone è
l'unico sacerdote. E' per questo che viene rappresentato sulle pareti
dei templi. Tale immagine vivente si incarna nel corpo di un
sacerdote che compirà o gesti sacri nel nome del Re. Il tempio non è
soltanto indispensabile come entità religiosa ma anche come
ingranaggio economico fondamentale. Ogni santuario produce, organizza
e distribuisce le ricchezze del paese. L'Egitto va dunque vissuto
spiritualmente e materialmente al tempo stesso.
E'
fondamentale per il paese essere governato da un faraone dotato di
potere effettivo. Quando la benefica influenza del sovrano si
attenua, quando il trono vacilla, l'Egitto conosce periodi bui. Gli
dei non proteggono più, l'economia di indebolisce. Per organizzare,
centralizzare, distribuire tanto le energie divine quanto quelle
materiali, si rivela indispensabile un potere centrale forte e
coerente.
Contro
l'anarchia e il disordine, il faraone egizio dispone, è vero, di
armi più concrete, quali sono l'esercito e la polizia, ma ricorre
anche alla magia.
Protetto
dal dio falco, il re, che porta appesa al perizoma una coda di toro,
regna su diversi distretti, chiamati nomos, e il cui essere viene
simboleggiato da emblemi magici, è una sintesi di forza animali,
umane e cosmiche. Non viene forse paragonato ad un leone che
ruggisce, a uno sciacallo che percorre in un baleno tutta la terra, a
un fuoco, a un temporale, a una tempesta? Ha nel cuore Sia,
l'intelligenza e nella sua vita risiede Hu, la saggezza, il verbo
creatore: è questa la ragione per cui le parole pronunciate dal re
diventano subito realtà. Tutto ciò che il cuore del sovrano
desidera, si realizza. La sua lingua è una bilancia e le sue labbra
sono più esatte dell'asta di quest'ultima. E' stato lui a tracciare
la pianta dei templi, facendosi guidare dalle stelle del cielo, dalla
dea Sesat, moglie di Thot.
Questa
dimensione magica del faraone spiega il suo successo nelle imprese di
guerra. Dotato di eccezionale coraggio, egli non teme alcun nemico.
Protetto dagli dei, che gli donano la forza di vincere, egli riesce
sempre a mettersi sotto i piedi i “nove archi”, ovvero i paesi
stranieri. In realtà, il faraone, garante di un cosmo, impedisce
alle forze del nulla di distruggere l'opera da lui intrapresa. Nelle
guerre condotte dall'Egitto, le scene di battaglia rappresentate
sulle pareti dei templi sono espliciti al riguardo. Colui che
sconfigge le tenebre, la disarmonia, il caos, è un re solare, un
monarca che incarna l'ordine del mondo. In un certo senso, il faraone
strega il nemico per pacificarlo...................
Tratto
dal libro “L'Egitto dei grandi faraoni” di Cristian Jacq
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