martedì 30 aprile 2013

EGITTO ANTICO: IL MONDO FEMMINILE








ISIDE: madre e regina  
Nell' Egitto antico, Iside raffigurava il centro della nostra galassia, nel suo aspetto divino di Madre della Creazione.
Iside, creatrice di tutte le cose.

Essa era il primo elemento della vita, l'utero occultato di tutto ciò che esiste.

Nell'Egitto Antico, personificava la sorgente dei raggi cosmici, della polvere interstellare e di altri sostanze rare che scaturivano dal centro della galassia e che la scienza ha scoperto solo in tempi storici recenti.

Uno dei più grandi segreti racchiusi nella religione dell'Egitto antico, è infatti la conoscenza di un Sole segreto al centro dell'universo, oltre a quello che noi vediamo.

Nel codice alchemico, il centro della galassia viene anche chiamato il Sole nero; il Sole nascosto, quello non visibile.

E' il Sole segreto che incarna l'eterno femminino.

Il figlio di Iside e del suo consorte Osiride è il divino Horus, raffigurato anche mentre la dea lo allatta al seno.

Nell'Egitto antico, Horus simboleggia il Sole che splende nel cielo. 
 

Per mezzo di questa immagine metaforica, il mito egizio racconta che Iside, il centro della galassia, ha dato la vita al nostro Sole, proprio come il centro della galassia ha dato vita a tutto ciò che esiste.

A conferma di questa ipotesi i ricercatori Bouval e Hanckok,  hanno scoperto in questi ultimi decenni che i due condotti sud della grande Piramide di Cheope, quelli che partono dalla Camera del Re e dalla Camera della Regina, puntassero nel 10.500  a.C., rispettivamente verso la costellazione di Orione e la stella Sirio, che erano identificate nell’Egitto antico con Osiride e Iside.
Gli antichi egizi erano forse a conoscenza  che la vita sulla terra abbia avuto origine all’infuori della terra stessa, dal centro della nostra Galassia?

Iside, grande di magia, è la donna serpente che diventa l’ureo, il cobra femmina che si innalza davanti al Re per distruggere i nemici della luce.

Soltanto un’evoluzione negativa e un’interpretazione errata del simbolo primitivo trasformeranno la buona dea-serpente nel rettile della Genesi che inganna e corrompe Adamo ed  Eva.

Iside e Osiride testimoniano, invece, il vissuto di una conoscenza luminosa raggiunta grazie all’amore, che permette di andare al di là della morte.

Sotto le sembianze della Stella Sothis, Iside annuncia  la piena del Nilo; piangendo sul corpo di Osiride, fa salire l’acqua benefica che deposita il limo sulle rive e garantisce vita e prosperità al Paese.

Nell'Egito antico i ciuffi di papiro che emergono dal fiume sono la chioma della Grande Dea.

La magia cosmica di Iside nasce dalla sua conoscenza dei misteri dell’Universo.

Non c’era niente che Iside ignorasse, eccetto il nome segreto di Ra che costui non aveva riferito a nessuno, nemmeno alle altre divinità.

Iside non si arrese; voleva conoscere anche il nome segreto di Ra.

Adottò uno stratagemma per costringere Ra a rivelarglielo; raccolse uno sputo del dio e lo impastò con la terra dando forma a un serpente.

Nascose il rettile magico dietro ad un cespuglio situato sul cammino di Ra e quando questi passò di lì, il serpente lo morse ad un piede.

Il cuore di Ra bruciò, tremò e il suo corpo divenne freddo.

Ra era inattaccabile dalla morte ma il veleno gli inflisse un’atroce sofferenza e nessuno riusciva a guarirlo.
Il dio soffriva. Immerso nel suo dolore era incapace a fare qualunque cosa.

Fu Iside a chiedere a Ra di curarlo ed egli accettò…... ma Iside chiese che in cambio il dio le rilevasse il suo nome segreto.

Il dio del Sole e della Luce tentò di agire con astuzia dicendogliene parecchi, ma mai quello vero.

Iside, perspicace ed acuta non si lasciò prendere in giro e lo lasciò nel suo dolore.

Alla fine Ra, sfinito, stanco e sofferente fu costretto a rivelarle il suo nome segreto; Iside lo guarì….
E mantenne il segreto.

La nascita di Iside è situata simbolicamente  a Dendera, nell’Alto Egitto.

Secondo i testi la dea è venuta al mondo con al pelle rosa e la chioma nera.

 La madre era la dea del cielo Nut, mentre Amon, il dio nascosto e Shu, l’aria luminosa le hanno dato il soffio vitale.

Vittoriosa sulla  morte, Iside sopravvisse all’estinzione della civiltà egizia.

Nel mondo ellenistico, fino al V secolo d.C., il suo culto ebbe un ruolo fondamentale e si diffuse, quindi, in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo e anche oltre.

E’ Inanna per i Sumeri, Ishtar per gli Accadi, Anat ad Ugarit, Atargatis in Siria, Artemide-Diana a Efeso, Baubo a Priene, Aphrodite-Venere a Cipro, Rea o Dictinna a Creta, Demetra ad Eleusi, Orthia a Sparta, Bendis in Tracia, Cibele a Pessinunte, Ma in Cappadocia,  Bellona-Cibele a Roma.

La dea divenne la protettrice di numerose confraternite iniziatiche, più o meno ostili al cristianesimo, che la consideravano il simbolo dell’onniscienza, detentrice del segreto della vita e della morte e in grado di garantire la salvezza ai suoi fedeli.

Esempio fu la città di Parigi.

Prima della nascita della città, Parigi era un “castro” romano.

Nel “castro”, un accampamento permanente, s’innalzava un tempio a Iside.
A detta degli storici questo tempio sorgeva dove  oggi si trova l’abbazia di Saint-Germain des  Près.

La regione sulla quale sorgeva il  castro romano veniva denominata, “Vicino al Tempio di Iside”, par-Isi, che sarebbe poi diventata “Parisis”- “Paris”.

Nell’agosto del 1793, quattro anni dopo la Rivoluzione francese,  sul luogo dove sorgeva la ben nota prigione della Pastiglia, venne eretta una grandiosa fontana; la “Fontana della Rigenerazione”, conosciuta anche come “Iside della Bastiglia”.



Si trattava di una statua della dea egizia Iside progettata da Jacques-Louis David, con l’acqua che zampillava dai capezzoli.

Era il liquido della “rigenerazione” che simboleggiava il nuovo ordine sociale e religioso della Repubblica francese; la folla beveva l’acqua quasi in delirio.

Nel maggio del  1814, dopo 25 anni dalla Rivoluzione Francese, fu collocato sul trono lo statista Talleyrand con il nome di Luigi XVIII , alla sua morte  il trono passò a suo fratello, il conte d’Artois, che prese il nome di Carlo X.

Entrambi i re erano massoni ed entrambi manifestarono una spiccata preferenza per il simbolismo dell’antico Egitto nelle loro opere pubbliche, e a questo proposito  Carlo X  fece portare a Parigi, intatto, un antico obelisco egizio, un elemento di una coppia che si trovava davanti al tempio di Luxor in Egitto.

Ora quel obelisco si trova ancora in Francia, in place de la Concorde, a Parigi.

Iside non esigeva soltanto una semplice devozione; per conoscerla, i suoi adepti dovevano praticare l’ascesi, non accontentarsi della fede, ma salire la scala della conoscenza e superare i diversi gradi dei misteri.

Unendo in sé il passato, il presente e il futuro, Iside, la madre celeste dell’amore infinito, fu a lungo una concorrente temibile del cristianesimo.

Ma nemmeno il dogma riuscì ad annientare l’antica dea;  Iside non si nasconde forse sotto le vesti della Vergine Maria, non prende forse il nome di “Nostra Signora”, alla quale sono dedicate tante cattedrali e tante chiese?

Con il primo vero affermarsi del Cristianesimo nell' Impero Romano sotto imperatori come Costantino I e Teodosio I,  a Roma e nei domini, vari templi consacrati ad Iside furono riadattati e consacrati come basiliche dedicate alla Vergine Maria, così come furono a volte modificati i dipinti e le opere raffiguranti la dea egizia. 

Tutto questo ha sicuramente aiutato l'accomunarsi delle due figure di fede a livello iconografico.

L’iconografia della Vergine con Bambino, ha quindi un’origine ben precisa: il culto della dea egiziana Iside, spesso rappresentata mentre allatta il bambino Horus.

Il culto è talmente simile alla Madonna col Bambino che nei secoli, ha ricevuto l'adorazione d’inconsapevoli cristiani.

Questa serie di icone, quadri e rappresentazioni aveva anche un nome latino ben definito: Madonna lactans o Virgo Lactans o Madonna del Latte.

Addirittura per un certo periodo  si diffuse l’uso di serbare con cura nelle chiese come reliquie, boccette contenenti il latte della Madonna (il Sacro Latte), cui si attribuivano gli effetti miracolosi di ridare il latte alle puerpere che lo avessero perso e di far rimanere gravide le donne.

E’ ragionevole supporre che già l'arte paleocristiana si sia ispirata alla raffigurazione classica di Iside per rappresentare la figura di Maria: la somiglianza in vari dipinti si ritrova per esempio nei tratti delicati ed eterei, nel tenere entrambe in braccio un infante, che è Horus per Iside e Gesù Bambino nel caso della Madonna.

Nella statua della Madonna di Castelmonte, provincia di Udine, la Madonna non solo è nera, ma ha anche il seno destro scoperto nella posa di dare il latte al figlio.

Sono stati tanti i grandi maestri a cimentarsi nella serie iconografica della Madonna del Latte.

Il caso più famoso  si chiama “Dittico di Melun”, un dipinto su due tavole di Jean Fouquet risalente al 1450. 

Un’opera che era stata commissionata per la Cattedrale della cittadina francese di Melun.



Il pannello di destra, quello più aderente all’iconografia della Madonna del latte, mostra la Vergine in trono che scopre un seno per allattare il Bambino, circondata da uno stuolo di cherubini blu e serafini rossi. 

Il dipinto è bellissimo, oltre che estremamente sensuale.



In questo campo si cimentarono anche Leonardo Da Vinci (Madonna Litta),  Robert Campin, (Madonna del parafuoco), Jan van Eyck (Madonna di Lucca),  Giovenone (Trittico Raspa), Andrea Pisano e Nino Pisano (Madonna del Latte) e il  Correggio, (Madonna del Latte e un angelo).

Numerose Madonne Nere sparse in tutta Europa, di cui una presente anche nella nostra regione, nel santuario mariano di Castelmonte, sono forse da ricondurre al culto di Iside, la Grande Madre.

Un'operazione nota come "sincretismo", la stessa per cui agli dèi del condomblè brasiliano, una religione afro-brasiliana, sono state associate le immagine dei Santi cattolici importate dai missionari, così Iside, la Grande Madre pagana avrebbe assunto il volto di Maria, colorato però di nero, come quello delle sue antiche raffigurazioni.
Le immagini delle Vergini Nere indicherebbero dunque i luoghi particolarmente legati alla Grande Madre, gli stessi su cui, da sempre, gli uomini costruiscono i loro edifici sacri.





Vergini nere sono disseminate nelle chiese di tutta Europa; in Italia se ne trovano quarantuno; in Francia addirittura novantasei.

Le più famose sono quelle della cattedrale gotica di Chartres, chiamata Notre-Dame-sous-Terre, in Italia Loreto, in Spagna Montserrat, in Polonia Czestochowa.


E’ evidente che nel culto della Madonna rivive in modo concreto il culto pagano di Iside, che fu per due secoli la "Santa Madre" del mondo antico.

Iside "che tutto vede e tutto può, stella del mare, diadema della vita, donatrice di legge e redentrice" era la donna divinizzata.

Veniva rappresentava anche come una giovane donna, coronata da una falce di luna crescente, col figlioletto Horus tra le braccia. 

Gli attributi e gli appellativi con cui era nominata la grande dea Iside erano così numerosi che nei geroglifici viene chiamata « la dea dai molti nomi », « la dea dai diecimila nomi » e nelle iscrizioni greche  “la dea dalle miriadi di nomi ».

Nei diecimila nomi della dea Iside, troviamo:   
abile nel calcolo, nella scrittura, alto faro di luce, produttrice e dispensatrice di vita, comprensiva, consacrata, colei che abbraccia la terra, dea della rugiada, gentile, gioia, maga che guarisce, madre di dio, madre divina, mediatrice tra il cielo e la terra,  salvatrice dell’umanità, stella del mattino, sovrana del mondo, sposa di Dio,  protettrice dei marinai, ovvero Stella Maris.

Iside era la  Signora dell’"Ank",  Chiave della Vita, e dei meccanismi rigenerativi che presiedono alla sua perpetuazione.

I sapienti egizi la mostravano con il geroglifico che raffigurava il simbolo del potere sacro: il "Trono", posto sulla testa della Dea.

Una civiltà si modella su un mito o un insieme di miti.

Mentre nel mondo giudaico-cristiano la figura di  Eva è quanto meno “dubbia”, priva di spessore e di potere, da ciò si deduce l’innegabile e drammatica condizione di minorità spirituale delle donne inquadrata in questo clero: nell’universo egizio le cose stavano ben diversamente.

La donna non era fonte di alcun male né di alcuna corruzione della coscienza, anzi, era stata lei, attraverso la grandiosa figura di Iside, ad affrontare le peggiori prove e a scoprire il segreto della resurrezione.

Modello per le regine, Iside lo fu anche per le spose, le madri e le donne più umili.

Alla fedeltà univa un coraggio incrollabile di fronte alle avversità, un’intuizione fuori dal comune e la capacità di penetrare il mistero.

La sua ricerca serviva da esempio a tutti colori che tentavano di vivere per l’eternità.

Molte regine dell'antico Egitto si identificavano con la Grande Dea Iside. 


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lunedì 22 aprile 2013

La regina Hatshepsut, primo faraone donna dell’antico Egitto.



Nome geroglifico del faraone donna: Maat-ka-Ra Khenemet-Imen-Hat-shepesut = Maat è il ka di Ra. 
Colei che Amon abbraccia, Hatshepsut, la prima delle dame venerabili.
Il primo faraone donna.

Regnò dal 1478 al 1458 a.C. – XVIII dinastia

Hatshepsut  era figlia di Thutmosisi I e moglie di Thutmosis II al quale aveva dato una figlia, Neferura.
Aatshepsut, donna faraone


Il marito, Thutmosis II, non avendo avuto figli maschi, designò quale suo successore un figlio avuto da una nobil dama dell’harem, Isis.

Essendo il bambino ancora piccolo, Hatshpsut regnò al suo posto, faraone donna.

Per due anni la regina si comportò come una reggente irreprensibile e in tutte le cerimonie ufficiali permise che il giovane re avesse la precedenza.

Ma alla fine del settimo anno di regno, Hatshepsut era diventata oramai regina e faraone donna d’Egitto, co-reggente o meglio partner predominante di Thutmosis III.

Non sapremo mai che cosa causò questa insolita trasformazione, da co-reggente a faraone, ma quello che si sa per certo è che questa situazione fosse pienamente accettabile agli egiziani e alla potente casta sacerdotale.

Non ci è pervenuta alcuna testimonianza relativa a qualche tentativo di allontanare il nuovo faraone femmina dalla sua posizione di potere.

La stessa regina giustificava il proprio diritto a regnare enfatizzando la sua posizione come figlia di Amon-Ra.

La storia del suo concepimento e della sua nascita divina la troviamo narrata sulle pareti del suo tempio funerario, Deir El-Bahari a Tebe.

Sulle pareti si può leggere:
 “la regina (madre di Hatshepsut) sorrise davanti alla sua maestà, il dio Amon.
Il dio le si accostò, il suo pene era eretto.
 Egli le donò il suo cuore….
Lei fu riempita di gioia alla vista della sua bellezza.
 Il suo amore penetrò nelle sue membra.
 Il palazzo fu inondato dalla fragranza del dio e tutte le essenze era come se provenissero da Punt”.

(Dal regno di Punt l’Egitto importava grosse quantità di incenso).

Qui possiamo considerare che Hatshepsut, invece che faraone donna fosse concepita come maschio e che il suo diritto a regnare come faraone donna sull’Egitto è riconosciuto niente meno che dal dio Amon in persona.
Per centinaia di anni il faraone era stato raffigurato come un uomo forte, vigoroso, sicuro di sé e fisicamente perfetto.

Anche se questo concetto nel tempo subì alcune variazioni.

I faraoni dell’Antico Regno erano rappresentati come figure fiere che ispiravano timore, mentre i loro successori del Medio Regno preferirono conferire alle loro immagini un aspetto più umano alla loro regalità; comunque si trattava di differenze di poco conto.

I pittori e gli scultori egizi sapevano bene quale dovesse essere l’aspetto di un sovrano, e quindi anche nel caso della regina Hatshepsut si accinsero a raffigurare il nuovo sovrano negli atteggiamenti e con l’abbigliamento stabiliti dalla tradizione.

Così vediamo la regina raffigurata con un corpo maschile privo di seni, con gli abiti e le consuete insegne regali: gonnellino, corona o fazzoletto sul capo (nemes), ampio collare e barba falsa.

Questa è un’ulteriore conferma della totale accettazione di Hastshepsut come faraone donna d’Egitto da parte della società egiziana.

Non credo che Hatshepsut avesse intenzione di ingannare il popolo e le classi dominanti, facendosi spacciare per un uomo.

Le iscrizione del suo tempio  indicano chiaramente quale fosse il suo sesso a tutti coloro che erano in grado di leggere.

La regina sapeva che il faraone era indispensabile per la salvaguardia di Maat, senza Maat l’Egitto sarebbe precipitato nel caos.

Nell’antico Egitto, Maat era la regola, l’ordine, la ritualità, la rettitudine, la giustizia, la morale, l’armonia universale.

Era la misura secondo la quale ogni cosa veniva misurata.
Era la rettitudine, la verità, la legge divina.

Per il faraone avere Maat nel cuore significava governare con giustizia, armonia, misura.

Il sovrano si ispirava alla regola di Maat e per questo non poteva essere un tiranno, perché la sua volontà doveva essere solo Maat, al di fuori di Maat c’era il caos.

In virtù di questo legame fra il faraone e Maat, l’isituzione faraonica fu la più durevole dei regimi politici mondiali e attraversò i secoli.

Le statue di Hatshpsut, come quelle degli altri sovrani, erano destinate ai templi, non al grande pubblico. Erano arredi che venivano visti solo dagli dei ed erano gli dei infatti che dovevano essere convinti che sul trono d’Egitto sedeva un re.

Hatshpsut garantì all’Egitto molti anni di pace e prosperità oltre che miglioramenti in tutti i campi.

Il suo programma edilizio fu molto ambizioso, non solo costruì nuovi monumenti ma restaurò e conservò molti altri che erano caduti in rovina.

Restaurando i monumenti dei suoi predecessori la regina dimostrava la propria capacità di saper preservare Maat e la propria idoneità all’esercizio del potere regale.

Fece ampliare il tempio di Karnak e costruì uno dei templi più belli del mondo, Deir el-Bahari, sulla riva occidentale nel Nilo a Luxor.

In politica estera si affrettò a consolidare i confini garantendo e promuovendo il commercio estero.

Famosa fu la spedizione commerciale realizzata da Thutmosis III verso il regno di Punt che è stata immortalata sulle pareti del tempio funerario di Deir el-bahari.

Quando Thutmosis III divenne adulto, diventò il comandante dell’esercito e si assunse la responsabilità di difendere i confini dell’Egitto sottoposti a varie e irregolari escursioni dei popoli vicini.

Egli dovette sostenere campagne militari per imporre nuovamente il controllo egiziano sia sull’Oriente che sulla Nubia, mentre la zia regnava sull’Egitto.

Quando Hatshpsut regnò, gli eventi continuarono ad essere datati secondo gli anni di regno di Thutmosis III, ma sempre in associazione alla regina che, d’altra parte, agiva con l’influente appoggio della casta sacerdotale del dio Amon del tempio di Karnak ed era consigliata dalla forte personalità dell’architetto di corte e maggiordomo reale, Senmut.

Sen-en-mut,  (il compagno di Mut) era anche il precettore della figlia Neferura oltre che il progettista del suo tempio funerario.

Nella vicenda storica di Hatshpsut, la figura di Senmut ebbe una grande rilevanza.

Figlio di una modesta famiglia, come risulta dalla titolatura dei genitori trovata nella loro tomba.

Suo padre Ramose è infatti ricordato come “Degno”, mentre sua madre Hatneferu viene indicata come “Donna di casa”.

Egli fu protagonista di una luminosa carriera come amministratore, consigliere e, forse, amante della regina.

Ricoprì la carica di sovrintendente alle proprietà del tempio di Amon Ra di  Karnak  e della famiglia reale, direttore dei lavori commissionati dalla sovrana, tra i quali i più importanti si debbono ricordare il taglio, il trasporto e l’erezione degli altissimi obelischi del tempio di Amon.

L’opera di gran lunga più originale, moderna e senza precedenti fu la progettazione e la costruzione del tempio funerario di Hatshpsut a Deir el-Bahari.


Il tempio è situato ai piedi della montagna tebana, il massiccio di el-Qurn, ed è costituito da due grandi cortili, al fondo di ognuno dei quali si trovano dei portici con colonne e pilastri a base quadrata.

Dai cortili si entra nell’edificio vero e proprio, dapprima raggiungendo un terzo porticato dominato da 26 colossi statuari di Hatshpsut, poi una sala con colonne che immette nel sacrario scavato nel profondo della montagna.

La parte di fondo del secondo portico è stata decorata con bassorilievi eleganti e nitidi che raffigurano due cicli figurativi: la nascita divina di Hatshpsut, nel porticato nord e la spedizione nel paese di Punt nel porticato sud.

Da queste decorazioni sembra che la regina e il suo architetto abbiano fatto un uso mediatico molto disinvolto a fini politico-religiosi, compensato da un sincero gusto narrativo proteso verso il diverso e l’esotico.

Oltre al presunto legame affettivo con la regina, altre importanti cariche lo rendevano intimo della famiglia reale, come il ruolo di precettore della figlia della regina, Neferura, con la quale egli viene rappresentato in alcune celebri “statue-cubo”, la quale morirà nell’undicesimo anno di regno di Thutmosis III.

Senmut oltre che un abile funzionario e architetto era un vero intellettuale, come dimostrano le sue realizzazioni architettoniche e i circa 150 ostraka  recanti opere letterarie, funerarie e religiose trovate nel tempio di Deir el-Bahari e anche un grande astronomo, come dimostra la decorazione del soffitto astronomico disegnato nella sua tomba.

La regina morì in circostanze misteriose nel ventiduesimo anno di regno di Thutmosis III, lasciando finalmente il regno al nipote.      

Si possono leggere tutti i libri pubblicati al mondo sull’Egitto, guardare tutti i documentari disponibili, imparare a leggere il geroglifico stando comodamente a casa, ma niente di tutto questo ti dà l’emozione, la gioia,  la bellezza del contatto con questi luoghi, con questi monumenti che sembrano costruiti per l’eternità, di queste atmosfere di un tempo lontano dove Maat regnava sovrana.

Se tu verrai in Egitto con noi potrai scoprire che il passato non è mai “passato” e che esso è fatto di un eterno presente.

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venerdì 12 aprile 2013

FARAONI D'EGITTO: XVIII DINASTIA - I THUTMOSIDI




I faraoni d'Egitto della XVIII dinastia sono senz'ombra di dubbio i più famosi dell’antico Egitto.

I faraoni d'Egitto della XVIII dinastia regnarono nel periodo in cui l’Egitto fu padrone di un vasto impero che comprendeva gran parte dell’attuale Medio Oriente.

I faraoni d'Egitto più famosi, almeno per il grande pubblico, appartengono tutti alla XVIII dinastia; la dinastia dei Thutmosidi.

La XVII dinastia venne interrotta per mancanza di figli maschi.

Amenhotep, ultimo faraone della XVII dinastia e sua moglie-sorella Meritamen non ebbero eredi maschi, così, invece di scegliere un erede all’interno dell’harem reale, Amenhotep cercò il suo successore tra le fila del suo esercito.

Venne scelto il generale Thutmosis, figlio della dama reale Senisonb, forse discendente da una ramo secondario della famiglia del faraone, e divenne Thutmosis I, e sua moglie fu la regina Ahmosi. Correva l’anno 1496 a .C.

Con questo faraone inizia l’era dei Thutmosidi.

Thutmosis III

Thutmosis e i suoi discendenti sarebbero diventati i faraoni d'Egitto più ricchi e potenti, anche per le grandi campagne militari di riunificazione dell’Egitto e di conquista dei paesi vicini.

La ricchezza enorme acquisita permise loro di iniziare programmi di costruzioni in pietra su scala monumentale che non si era più visto dai tempi delle piramidi.

I loro monumenti preferiti erano templi molto appariscenti, obelischi e statue colossali.

La riunificazione dell’Egitto e un governo centralizzato con una grande macchina amministrativa che faceva capo ad una burocrazia efficiente fatta di funzionari di professione, portò ad un imponente boom economico.

Con il fiorire del commercio internazionale e la continua espansione della sfera di influenza egiziana, i magazzini reali  erano pieni fino a traboccare di tasse e tributi versati da un numero sempre più crescente di stati vassalli.

Così, quando Thutmosis salì al trono, l’Egitto era già diventato lo stato più ricco e potente del mondo antico.

La ricchezza egiziana doveva essere difesa e protetta.

La maggior parte dei faraoni d'Egitto della XVIII dinastia sottolinearono il loro ruolo di re-guerrieri, abili nel difende il loro stato e le loro divinità da qualsiasi nemico.

Fino a quel momento poche furono le occasioni per i faraoni di entrare in guerra con invasori stranieri (fa eccezione l’invasione degli hyksos, che regnarono in Egitto molto tempo prima dei Thurmosidi).

All’interno dei confini dell’Egitto pochi avevano trovato la forza di sollevarsi contro il faraone, mentre l’isolamento geografico e culturale del paese, come la mancanza di stati potenti immediatamente confinanti, avevano protetto l’Egitto da qualsiasi minaccia di invasione e quindi non si era sentita la necessità di costituire un esercito permanente.

Ora invece la situazione era cambiata e il faraone si sentiva sempre più coinvolto nelle faccende internazionali e non poteva ignorare quello che avveniva al di fuori dei suoi confini.

Thutmosis II rafforzò l’esercito, stabilizzò i confini, conquistò vasti possedimenti in Medio Oriente e calmò i territori nubiani inglobandoli al regno d’Egitto.

Poiché non erano richieste competenze specifiche per fare parte dell’esercito, il servizio militare era uno dei tanti lavori che gli egiziani svolgevano per lo Stato.

Sotto il regno di Thutmosis I,  l’Egitto divenne una potenza imperialista e nacque perciò un esercito permanente e regolare; il mestiere del soldato diventò ereditario, con molti privilegi sociali ed economici.

Si assiste alla nascita di una gerarchia militare rigida e codificata, gestita da una solida rete amministrativa.

Vi erano anche delle truppe speciali, come i famosi arcieri nubiani, o la temibile polizia di frontiera dei Medjau (una popolazione africana), o i Libici impiegati come mercenari.

I territori conquistati erano presidiati da fortezze, a protezione di vie carovaniere e punti strategici, edificate tra Medio e Nuovo Regno.

In Nubia si trovano quelle di Buhen e Semna, al confine siriano fu eretto, nel Medio Regno,  il “muro del Principe” e lungo la costa occidentale del Mar Mediterraneo sorse un sistema di forti.

L'epoca dei faraoni d'Egitto della XVIII dinastia  inizia con Thutmosis I e termina con Thutankhamon.

Essendo originari di Tebe la loro divinità divenne Amon, “colui che è nascosto”, che finì per essere legato indissolubilmente alla famiglia del faraone.

Il Tempio di Karnak crebbe notevolmente in larghezza e in altezza grazie alle donazioni del faraone.

I suoi sacerdoti divennero molto ricchi e potenti.

Tebe venne considerata la capitale religiosa dell’Egitto, con la necropoli situata nella parte occidentale del Nilo, di fronte al tempio di Karnak.

I nuovi faraoni d'Egitto erano riluttanti a legarsi ad una singola città, preferendo una maggiore mobilità.

La corte reale dei Thutmosidi non aveva una sola sede, ma era solita spostarsi su e giù per la valle del Nilo, soggiornando in una serie di residenze temporanee, definite “punto di ormeggio del faraone”.

In questo modo il faraone diventava visibile per tutto il suo popolo.

Thutmosis I si affrettò a consolidare il suo potere e la sua autorità, compiendo delle campagne militari molto astute.

Soggiogò completamente la Nubia, oltre la Terza Cateratta, Avanzò verso oriente, attraversò il fiume Eufrate e conquistò il regno dei Mitanni.

In patria avviò un imponente programma edilizio di cui beneficiò anche il Tempio di Karnak;  a lui si deve il completamento del villaggio di Deir el-Medina, residenza degli operai addetti allo scavo e alla decorazione della sua tomba e delle tombe reali in generale.

Si fece costruire dall’architetto Ineni la sua tomba dentro la montagna Tebana.

Come molti faraoni del Nuovo Regno, la sua mummia verrà spostata da una tomba all’altra per sfuggire ai saccheggiatori.

Fu sepolto inizialmente nella Valle dei re, ma la sua salma fu poi trasferita dalla regina Hatsepsut nel rifugio del  tempio di Deir el Bahari, dove venne ritrovata.

La tomba porta il numero DB320.

Dai dati storici risulta che Thutmosis I salì sul trono verso i cinquant’anni e che regnò per circa quindici anni.

La regina Ahmosi non aveva avuto figli maschi che potessero ereditare il regno, così, il generale divenuto faraone nominò il suo successore Thutmosis, un figlio che gli era nato
da Mutnofret, una nobile dama di corte delle cui origini non si conosce quasi niente.

Per consolidare il suo diritto al trono il giovane sovrano fu fatto sposare con la sorellastra, Hatshepsut, che era figlia del faraone Thutmosis I e della regina Ahmosi.

Thutmosis II voleva dimostrare di essere anche lui un re-guerriero ed aveva l’intenzione di seguire le orme del faraone che l’aveva preceduto, ma ebbe qualche difficoltà a causa della mancanza di nemici.

L’Egitto era così potente che nessuno osava sfidare seriamente la grande potenza egiziana!

Alla fine però una campagna in Nubia per convalidare il dominio egizio tra quelle terre e una spedizione in Palestina per consolidare il controllo egiziano, fece anche di questo faraone un re-guerriero.

Il Paese prosperava e la regina Hatsepsut generò al fratello-marito una figlia, Neferure, ma nessun figlio maschio.

Con la morte prematura di Thutmosis II il trono passò a Thutmosis III, il figlio ancora bambino di Thutmosis II e di una nobil dama dell’harem, Isis; di cui si sa ben poco.

Poiché il nuovo faraone era ancora un bambino, la regina Hatshepsut fece da reggente.


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EGIZIANO ANTICO: favola egizia " la conquista della città di Joppe"




L’inizio del manoscritto  egiziano antico manca, ma è possibile comunque ricostruirne il senso.

Gehuti, un generale di re Thutmose III è dinanzi alla città fortificata di Joppe, l’attuale Giaffa, in Palestina e sta escogitando un inganno per conquistarla, possibilmente senza combattere.


arcieri nubiani

L'egiziano antico usava molto l'astuzia.
Il piano è pronto: il generale invia un messaggio al principe di Joppe, il “maledetto”, comunicandogli la propria resa, per attirarlo nel suo accampamento per le trattative.
Il principe di Joppe si presenta con un seguito di 120 cavalieri.

I soldati del faraone accolgono i sudditi nemici, mentre il principe stesso entra nella tenda del generale egiziano e ben presto iniziano a fare allegramente bisboccia.

Il manoscritto stilato in egiziano antico, inizia a questo punto, anche se nelle parti iniziali presenta alcune lacune: 

........ Un’ora dopo, quando erano ubriachi, Gehuti disse al principe di Joppe:
“Io stesso, con mia moglie e i miei figli, mi consegnerò a te personalmente. 
Fa entrare gli uomini in modo che diano da mangiare ai cavalli: altrimenti rischiamo che arrivi un birbante e che faccia lui l’auriga”.

I cavalli dunque furono fatti entrare e fu dato loro da mangiare.

In quel frangente fu portata la gran clava del re Thutmosis e vennero a riferirlo a Gehuti.

Il principe di Joppe gli disse:

“Il mio cuore arde nella speranza di vedere la gran clava del re Thutmose.
Da queste parti c’è una donna di nome Tiutnofret.
Per Ka (l’anima) del re Thutmose: oggi stesso sarà tua, se sarai così gentile da mostrarmi la clava.”

Egli, Gehuti, fece come gli era stato chiesto, impugnò la clava del re Thutmose, prese il principe di Joppe per il vestito, si levò dinanzi a lui e gli disse:

“Guardami, maledetto principe di Joppe!
Ecco re Thutmose, il leone feroce, il figlio di Sechmet, la dea della guerra, al quale Amon, suo padre, ha dato la vittoria!”

Alzò il braccio e colpì il principe Joppe sulla tempia.

Quello cadde svenuto. 

Gli mise le manette e lo legò con cinghie di cuoio, un sistema usato dall'egiziano antico che è tutt'ora in uso.

Poi gli disse:
“Portatemi il rame…..” e gli furono legate ai piedi quattro barre di rame.

Poi si fece portare duecento ceste che aveva fatto intrecciare e ordinò a duecento soldati di entrarvi. 

Le loro braccia furono caricate di corde e di manette ed esse (le ceste) furono sigillate.

Ai soldati erano stati dati anche i sandali e i bastoni.

Furono poi affidate a dei soldati giovani affinché le trasportassero: in tutto erano cinquecento uomini.

Dissero ai soldati:

“Quando entrate in città fate uscire i vostri commilitoni, catturate tutti gli abitanti e legateli subito con le corde.”
Poi uscirono e dissero all’auriga del principe di Joppe:

“Il tuo signore manda a dirti:
 “Và e riferisci a tua moglie:
Gioisci, poiché il dio Sutech ci ha affidato Gehuti, con sua moglie e i suoi figli.
Ecco, questi sono i loro primi tributi!””

Doveva dirle così in riferimento alle duecento ceste, che contenevano i soldati, le manette e le funi.

Egli, l’auriga, avanzava davanti a loro, e allietò il cuore della sovrana con le parole:
“Abbiamo catturato Gehuti!”

I soldati aprirono le porte ed entrarono nella città.

Fecero uscire i loro commilitoni dalle ceste, catturarono gli abitanti, giovani e vecchi, i li legarono immediatamente con funi e manette.

In questo modo il braccio possente del faraone aveva conquistato la città.

L'egiziano antico faceva tutto per il suo sovrano, anche se questo non era presente.

Nella notte Gehuti inviò un messaggio in Egitto da re Thutmose, il suo sovrano, che gli disse:

“Gioisci! Amon, il tuo genitore perfetto ti ha affidato il principe di Joppe, i suoi sudditi e la sua città.

Fa venire della gente perché conduca i prigionieri in Egitto e affinché la casa di tuo padre Amon-Ra, il re degli dei, si riempia di schiavi e schiave caduti ai tuoi piedi, per l’eternità”

Aggiunta del copista:
 “E’ stata felicemente portata a termine grazie al Ka dello scriba, dalle dita abili, scrittore militare…”


Questa favola si ricollega strettamente a personaggi e fatti storici. Qui si può vedere da dove sia partita l’idea geniale del cavallo di Troia (le ceste). 





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