lunedì 25 marzo 2013

EGITTO LA STORIA DELLA DONNA NELL' ANTICO REGNO

In Egitto la storia è questa:
“l’unica, l’amata, la senza pari, la più bella di tutte, guardala,
 è come la stella fulgente all’inizio di una bella annata”
(inizio delle parole della “grande gioia del cuore)

In Egitto la storia delle donne egizie era che godevano dello status giuridico di individuo autonomo: esercitavano diritti, potevano essere proprietarie di beni e disporne a piacimento, dovendo rispettare le stesse regole degli uomini.

In Egitto la storia dell’Antico Regno mostra che le donne egizie godevano di un ruolo importante nella vita domestica e nella società in generale, poiché le proprietà terriere venivano tramandate di madre in figlia; a parte qualche eccezione, rappresentata da regine e sacerdotesse.

Volto_di_donna_egizia
volto di donna egizia dell'antico regno

Non rivestivano però incarichi pubblici o politici.

Nell' Egitto la storia delle differenze gerarchiche fra i sessi erano tuttavia molto marcate, specialmente nelle epoche più antiche: così la donna è sempre raffigurata in scala minore rispetto al padre o al marito, talora inginocchiata o seduta alla sinistra del compagno, mettendo l’accento sulla minore rappresentatività sociale.

A partire dal regno di Amenohotep III in Egitto la storia della “grande sposa reale” è raffigurata costantemente al fianco del re, partecipa alle scelte politiche e personifica il lato gentile della propaganda
delle opere del marito.

Allo stesso modo, la presenza della regina Nefertiti accanto al faraone Amenofi IV, meglio conosciuto come Ahkenaton, diventa un motivo costante e irrinunciabile dell’arte di Amarna.

La sposa del faraone Ramesse II, Nefertari Merienmut (“la più bella, beneamata da Mut”), fu oggetto di un particolare attaccamento da parte del marito, che per lei fece costruire il tempio minore di Abu Simbel, in cui la regina prende la forma di Hathor, con queste parole:


“Ramesse II ha costruito un tempio scavato nella montagna, monumento eterno per la grande sposa Nefertari, per la quale lo stesso sole splende”.

La figura stessa della regina assumeva un ruolo divino, come è avvenuto per Ahmes-Nefertari, madre di Amenhotep I, per Teye, madre di Amenhotep IV, e per la stessa madre di Ramesse II, Mut-Tuy.

Molti templi e cappelle erano dedicati al loro culto, e godevano di grande devozione popolare.

Come il faraone era l’immagine vivente del dio Horus, così la regina rappresentava l’incarnazione dell’essenza divina e era identificata con Iside-Hathor.

Le donne egizie sono spesso raffigurate accanto ai loro mariti durante molte attività lavorative quali l’ispezione delle proprietà, la conta del bestiame, il controllo del lavoro degli operai.

Nell'Egitto la storia della presenza femminile a feste o a banchetti testimonia la relativa libertà sociale delle donne egizie rispetto a quelle appartenenti ad altre antiche società.

I compiti delle donne egizie erano legati alla conduzione delle attività domestiche: tenere la casa ordinata, preparare i pasti, lavare la biancheria e fare la spesa, a grandi linee le mansioni per noi donne non sono cambiate dai tempi degli antichi Egizi..

Nelle loro incombenze le signore erano aiutate da almeno un servitore, salvo i casi di estrema indigenza.

Nutrire, accudire e crescere un bambino era compito esclusivo delle donne egizie, che sono spesso raffigurate mentre portano il figlio in uno scialle annodato sul dorso (come ancora fanno le donne africane); la madre poteva così allattare il bambino anche durante le attività lavorative e, conseguentemente il bambino, stando così attaccato alla madre, conquistava una maggiore sicurezza in se stesso che sarebbe stata di grande aiuto in età adulta.

Il bambino era allattato fino ai tre anni, mentre dal quarto anno di vita poteva iniziare a frequentare la scuola; l’allattamento protratto a lungo garantiva al figlio, oltre che un cibo salutare, anche una maggior difesa da malattie e infezioni gravi, mentre nella donna ritardava i tempi di una nuova gravidanza.

L’educazione scolastica era riservata quasi esclusivamente ai ragazzi dei ceti benestanti, che potevano frequentare le scuole dei Templi.
Nelle famiglie di maggiore prestigio, erano istruiti da un pedagogo privato.

I figli dei contadini non godevano di alcun tipo di istruzione mentre i figli degli artigiani erano presto avviati all’apprendistato nelle botteghe.

Ci sono però delle eccezioni come quella del grande architetto e uomo di fiducia della regina Hatshepsut, Senmut o Senenmut che progettò il tempio di Der al Bahari, a Tebe,  il quale era figlio di gente comune come risulta dalla titolatura dei genitori trovata nella loro tomba, non lontana dalla tomba dell’architetto.
Suo padre Ramose è infatti nominato come ‘Degno’, mentre sua madre Hatneferu viene indicata come ‘Donna di casa’.

Naturalmente il fatto di appartenere a famiglie dal rango elevato e di avere una rispettabile genealogia era un fattore di prestigio, e il legame fra le generazioni era molto profondo: era, infatti, considerato disdicevole che un figlio abbandonasse i genitori anziani e non ricambiasse i sacrifici fatti per allevarlo.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, raggiunta la maggiore età, i giovani potevano lasciare la casa paterna, liberi dalla potestà dei genitori e in possesso di un patrimonio personale.

Solo nei periodi più travagliati della storia egizia, quando cioè la mancanza di coesione statale non tutelava appieno l’individuo, la donna era soggetta all’autorità del marito.

Il ruolo primario che la donna egizia esercitava nella società è testimoniato dalle figure di importanti regine che hanno sovente governato come reggenti per i  figli troppo piccoli per poter esercitare il potere.

Esistevano anche sacerdozi femminili investiti di poteri economici e politici.

Nonostante tutto, l’ideale femminile rimaneva la figura della moglie fedele e della madre premurosa, attenta amministratrice dell’economia domestica.

Non mancavano comunque stereotipi di bellezza e di sensualità rappresentati da danzatrici e naturalmente prostitute, che però i saggi invitavano  a evitare per non cadere nel vizio.

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